Le storiche botteghe di Genova

Attraverso l'intreccio dei caruggi per scoprire l'arte manuale e architettonica delle storiche botteghe di Genova

Le storiche botteghe di Genova

Genova è una città che nasconde una bellezza artistica di valore inestimabile: dai palazzi principeschi alle porte medioevali, dalle chiese in ardesia al fascino dei caruggi. Una città che si è distinta per il commercio ma che ha sempre conservato un patrimonio architettonico-monumentale tra le vie del suo centro storico. L’arte, così come le tradizioni antiche, sono custodite così gelosamente che spesso non ottengono tutta la visibilità che invece meriterebbero. Altra tradizione racchiusa tra vicoli, piazze e vie è quella delle botteghe, custodi di arte con antichi macchinari e utensili da lavoro, artigianato con attività a cui i genovesi si sono affezionati nel corso degli anni, architettura con arredi che sembrano di un’altra epoca, storia perché conservano un’eredità documentaria e fotografica di ‘800-‘900 che ripercorre non solo il passato di antichi mestieri ma proprio quello della città. Questo itinerario vuole dare tutta la meritata visibilità a questi piccoli gioielli, contenitori di eccellenze e della “Superba” poesia delle vie di Genova.

14 sono le botteghe riconosciute come “storiche” dalla commissione formata da Comune, Camera di Commercio, Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici e Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria e Associazioni di categoria del commercio e dell’artigianato. I requisiti per entrare nell’“Albo regionale delle botteghe storiche”? Almeno 70 anni di attività e almeno tre di queste cinque peculiarità elencate dalle Soprintendenze: elementi architettonici; arredi; attrezzature e/o strumentazioni storiche funzionali all’attività svolta; documentazione e contesto ambientale. Questo itinerario dà anche la possibilità di conoscere e vivere le vie e piazze anch’esse con una storia antica alle spalle. Per non fare tutto di corsa e avere il tempo per approfondire quello che più colpisce è consigliabile dividere l’itinerario in almeno due giornate.

PRIMA GIORNATA: I CARUGGI

Le visite delle botteghe ci conducono alla scoperta dell’intreccio formato dai caruggi, e Vico dei Castagna, scelto come punto di partenza, è raggiungibile in due minuti sia da piazza Matteotti sia da piazza de Ferrari. È qui che, tra la cattedrale e la collina di Castello, sorge Romeo Viganotti. All’interno sembra che il tempo non sia passato: pavimento, bancone, scaffali e credenze sono le stesse delle origini, del lontano 1866. Un’eredità che i vari proprietari, tramandata dalla famiglia Viganotti a Roberto Pastorino, fino ad Alessandro Boccardo, hanno saputo proteggere con cura; per tre secoli hanno gelosamente custodito le antiche ricette e gli antichi macchinari ancora oggi utilizzati per la produzione artigianale: tra i quali un “melanger” in pietra per macinare nocciole e tostare cacao. Tutte le prelibatezze al cioccolato  e i segreti di questa pasticceria, rimasta per oltre 140 anni un punto di riferimento per tutti i golosi e gli intenditori della qualità, sono ormai un’abitudine fissa di molti palati genovesi. Basti pensare al successo delle praline, il prodotto più antico, di cui le più celebri sono i Boeri, le Scorzette d'arancia, i Croccantini, i Cremini e gli Zuccherini. Anche i film insegnano, dopo il boom cinematografico di “Chocolat” che ha fatto rimanere tutti con l’acquolina in bocca, si è iniziato ad aromatizzare il cioccolato con vari tipi di spezie. Accanto al cioccolato, altre dolci bontà tutte artigianali: prime fra tutte le Ginevrine, i Ginevroni, le Gocce di rosolio (o Gocce della Regina), la Pasta di mandorle e i Fondant. Una fabbrica di cioccolato dove la maestria artigiana va a braccetto con una grande pazienza: ogni singolo cioccolatino è frutto di una lunga e curata lavorazione manuale, sono scrigni di bellezza oltre che di bontà.

Proseguendo a piedi, in quattro minuti si raggiunge, Giovanni Rivara fu Luigi, situata in una delle piazze più conosciute dei vicoli, piazza San Lorenzo, proprio a fianco alla omonima Cattedrale. Le vetrine, quattro su San Lorenzo e tre su via di Scurreria, sono curate nei dettagli per mettere in mostra tutte le stoffe, le coperte, i mezzeri originali genovesi, tende, tappeti e tutta la biancheria per la casa e personale. Duecento anni di storia, nasce nel 1802, testimoniati da un arredamento che riporta al XVII secolo con alcuni preziosi reperti conservati da allora: i metri e il banco, in noce e lungo 5 metri, ottocenteschi, antiche lenzuola di puro lino ricamate a mano, macramè di fiandra con nodi, l’insegna, le vetrine, la porta d’ingresso in ferro e vetro e gli scaffali. Altri cimeli custodi della storia della bottega sono gli antichi libri contabili, con i nomi dei clienti dell’epoca tra cui spiccano anche nomi illustri, si tratta di veri e propri documenti storici. Questa longevità è legata – secondo Luigi Rivara – oltre all’atmosfera antica, alla capacità di far sentire tutti a casa non appena messo piede sulla soglia. Una longevità – continua Luigi – che lega la bottega a quasi tutte le vecchie famiglie genovesi, che sono passate di lì per comprare la tela o il lino che poi ricamavano a piacere, per le lenzuola o altra biancheria.

Si scende poi per via di Scurreria per raggiungere un’altra bottega storica: Pescetto. Nasce nel 1899 dall’idea di Nicolò Pescetto, inizialmente in via San Lorenzo, che voleva dar vita a un negozio di lusso tra sete, tessuti e intimo. Bisogna aspettare il 1922 con i figli di Nicolò, Lucho e Giuseppe, per lo spostamento nella sede attuale. Portarono avanti l’idea del padre ampliandola alla camiceria sempre rivolta ad un pubblico d’élite. Il merito per l’ultimo passo avanti del negozio, arricchito con la vendita di abbigliamento ricercato, di qualità e dalle firme prestigiose è di Mario, il più giovane dei sei figli. Una qualità che ogni anno si rinnova attraverso la ricerca negli archivi, collezionati con cura dalle origini (inizio Novecento), dai quali si riprendono le forme dei capi classici “reinventandole” per i tempi attuali. Il negozio è stato rinnovato su progetto di Fausto Saccorotti mentre Alberto Issel optò per lo stile “decò” per i decori dei banchi, degli scaffali, degli infissi e degli specchi.

Superiamo piazza del Campo e giungiamo in un’altra, quella di Soziglia, per incontrare Pietro Romanengo fu Stefano. Anche questa bottega inizia la sua storia in una sede diversa e precisamente in via della Maddalena con la drogheria di Antonio Maria Romanengo, ancor prima dell’Ottocento, nel 1780. I figli, Stefano e Francesco, continuarono l’attività aprendo ben due botteghe e dedicandosi anche alla confetteria e al cioccolato prendendo come esempio i confettieri parigini. Si deve, però, al figlio di Stefano, Pietro l’apertura del negozio giunto fino ai giorni nostri dal 1814. Anche per l’arredo il modello seguito è quello parigino con marmi policromi e legni pregiati, lampadari di cristallo, soffitti dipinti e decorati a stucchi, arredamenti di lusso, scaffalature e banconi in palissandro intarsiato. Seguendo i ricettari antichi si continua a produrre cioccolatini fondenti, al latte, con la scorza d’arancio e ripieni ma anche confetti, frutta candita, gocce di rosolio e, conosciute da tutti a Genova e non solo, le famose violette.

Si prosegue per via degli Orefici finché non si incrocia via dei Conservatori al Mare dove sorge la quinta delle storiche botteghe del nostro itinerario: Cartoleria Angeloni. Si riconosce subito per le vetrine dal gusto “retrò”, all’interno scaffali, cassetti e credenze in stile anni Venti racchiudono ogni tipo di materiale di cancelleria, con la mente si torna agli anni della scuola dell’obbligo: cartelline colorate, pennarelli, penne stilografiche, matite, gomme e gli immancabili quaderni a righe o quadretti. Il meglio deve ancora venire, salendo dei ripidi scaloni, in pieno stile caruggi, si arriva al laboratorio. Un vero e proprio museo dove sono conservati macchinari che risalgono al 1890, data della fondazione della cartoleria da parte di Carlo Angeloni, su di loro il passare degli anni non ha lasciato segni dato che sono ancora funzionanti e usati dagli stessi proprietari: troviamo angolatrici, cordonatrici, la pressa per i libri, i martelli, crinatrici, macchina cesoia, taglierina e telaio per cucire a mano brossure. Infine, anche i registri, le agende e le rubriche sono cimeli di un’altra epoca: quella che si respira tra le mura di questa bottega-museo.

Anche la prossima tappa, come del resto tutte le altre, dista pochi minuti, si percorre vico dei Cartai, si svolta a sinistra per vico de Marini, un’altra svolta a sinistra e ci siamo: in via Al Ponte Reale con Busellato Incisioni. Un’attività iniziata per caso: Bernardo Luigi Busellato apre la sua rivendita di timbri, a fine Ottocento, solo in attesa di imbarcarsi per le Americhe. La sede era in piazza Banchi perché si trovava a pochi passi da Caricamento che era, allora, il cuore dei commerci. Fu completamente inatteso il successo che seguì l’apertura, a tal punto che, poco dopo, nel 1896, non solo non vi fu più il viaggio per le Americhe ma il negozio si trasferì nell’attuale sede diventando una vera e propria azienda produttrice di timbri, targhe e incisioni. A confermare la nascita della nuova azienda è un taccuino originale di Bernardo Luigi Busellato datato 1910. Un negozio che per 118 anni ha saputo fidelizzare il suo pubblico che ancora oggi gli mostra fedeltà. La tradizione ha saputo anche innovarsi con nuovi prodotti tipografici e pubblicitari. A partire dalla vetrina dove le insegne spiccano, sempre con il loro stile “decò”, se si entra in bottega si va indietro di un secolo con cassettiere e scaffali del Novecento e soprattutto con la ceralacca, i punzoni e le borchie che escono dai cassetti.

Si supera piazza Caricamento e dopo aver imboccato alcuni vicoli si arriva in via Fossatello dove già dal buon odorino si capisce che siamo di fronte alla Pasticceria Liquoreria Marescotti ospitata all’interno della Loggia facente parte di palazzo Gattilusio. Secondo alcune fonti, la pasticceria era già presente sul finire del XVII secolo ma è nel 1906 che viene rilevata dalla famiglia De Micheli-Marescotti che oltre ai pasticcini comincia a offrire anche vini di propria produzione. Con la morte di Irma Marescotti, 1979, passarono trent’anni prima che fosse servito un nuovo caffè, 2008, quando Alessandro Cavo, innamoratosi di quella facciata ormai abbandonata, dei marmi e dei ricami in ferro battuto ottenne il permesso per riaprirla. Un innamoramento che ha portato Alessandro a mantenere gli arredi così com’erano: lo stile è rimasto quello di Carlo X con una pregiata ebanisteria delle pareti, le ante in ottone massiccio, il pavimento in marmi policromi, tavoli e vetrine di cristallo e cassa “National Cash Register”. A riportare agli anni d’oro della Pasticceria Liquoreria Marescotti è anche la ripresa di un aperitivo che le aveva fatto acquisire grande fama: il Marescotto. Un rito a base di vermouth ed erbe aromatiche arricchito, oggi, tutti i pomeriggi alle 17, con un ricco buffet.

Con la settima bottega termina la prima giornata. Per chi si è affezionato allo stile di fine Ottocento e desideri trascorrere la notte senza allontanarsi troppo dal centro, basta che salga fino in cima a via Balbi, dando anche un occhio ai bellissimi palazzi che ospitano le tante facoltà dell’Università di Genova, e si ritroverà davanti all’imponente Grand Hotel Savoia. Lo stile è quello tardo-ottocentesco ma, grazie ad una recentissima ristrutturazione,  non mancano i moderni confort, dall’area Fitness al Centro Benessere “La Spiaggia Segreta”, dal Solarium con vasche idromassaggio all'aperto sino alla panoramica Terrazza del Principe, ed  infine, il Ristorante Novecento che propone  specialità della cucina ligure e mediterranea immerso in un’atmosfera sempre d’altri tempi.

SECONDA GIORNATA: IL CENTRO

La partenza è dalla centralissima via Portello e la meta non poteva che essere una pasticceria per fare subito una gustosa colazione e il pieno di zuccheri, necessari per sostenerci in tutte le tappe successive. La pasticceria in questione è D. Villa / Profumo aperta come drogheria da Domenico Villa nel 1827 ma che con il passare del tempo, come accaduto con altre piccole botteghe, si è espansa. Il merito, in questo caso, si deve a Mario Profumo che nel 1965 rileva lo storico esercizio occupandosi di pasticceria d’eccellenza. Una pasticceria portata avanti, ancora oggi, dai suoi figli che dedicano una cura particolare alla scelta delle materie prime tutte di ottima qualità. Tra il fascino e l’eleganza degli arredi, le scaffalature, le credenze, i banconi, il pavimento e il soffitto di legno e vetro dell’’800, che custodiscono anche ottocenteschi attrezzi e macchinari dell’epoca, sono sicuramente da assaggiare i marron glacé, le olive di cioccolato e il tipico Pandolce Genovese.

Dopo aver percorso via Garibaldi si giunge a Piazza delle Fontane Marose, si raggiunge poco più avanti via XXV Aprile dove si trova la seconda bottega storica della giornata: Pissimbono. Dal dolce di Profumo passiamo all’abbigliamento: un abbigliamento elegante per uomo con una particolare attenzione per lo sposo. Il fondatore fu Emanuele Pissimbono nel 1898, e tutto l’arredo che non ha subito modifiche, sembra riportare a quegli anni. Le donne, meno interessate al tipo di abbigliamento, possono comunque curiosare tra le antiche suppellettili: tende Liberty, applique, la manifattura del bancone, tavoli da sartoria, armadi “decò”, macchine da cucire con l’originale cucitrice per i polsini delle camicie e la particolare cassa “National” di fine ‘800.

Per raggiungere la prossima bottega basta percorrere tutta via di San Sebastiano e ci troveremo in Salita Santa Caterina con Lucio Fabbrica Turaccioli. Un locale piccolo ma molto caratteristico tanto che fu frequentato da personaggi che hanno fatto parte della storia d’Italia e della Liguria: Giuseppe Garibaldi e Gilberto Govi che si serviva proprio da questa bottega per acquistare il sughero necessario agli allestimenti dei suoi spettacoli teatrali. Il negozio, aperto nel 1855, mantiene ancora oggi le vecchie cassettiere e gli scaffali in legno contenenti, come allora,  quegli oggetti in sughero che sono i prodotti alla base di tutte le attività della bottega: come quelli usati per l’enologia (la scienza che studia la trasformazione dell’uva in vino) e per le altre tecniche ad essa connesse (le filtrazioni, la pressatura e i rimontaggi).

Da via XXV Aprile passiamo a una delle vie più chic di Genova: Via Roma. Ad accoglierci c’è la bottega Finollo. Tutto ha inizio grazie all’estro di Emanuele Finollo che con il suo gusto ha ideato, addirittura, i progetti per le porte, le maniglie, gli arredi interni e gli stucchi del soffitto, la sua genialità si è espressa completamente con l’insegna, in legno scolpito e intagliato, che è diventata il simbolo dello stile Liberty della città. Oggi, ormai alla quarta generazione, non è cambiato nulla tranne le lampade e l’armadio che sono stati danneggiati dalla guerra. Le camicie, le cravatte e tutti gli altri accessori per uomo continuano a seguire la cura nei dettagli, che non passa mai di moda, creando pezzi unici per accontentare le esigenze più disparate. In 110 anni di storia, sono passati dalla bottega alcuni clienti molto famosi attratti dalla fama che la Maison ha continuato a maturare nel tempo: il duca Windsor, Guglielmo Marconi e l’avvocato Agnelli.

Lungo largo Pertini sotto i portici dell’Accademia dove, nel Medioevo, prima che venisse demolito, sorgeva il convento di San Domenico, troviamo la terz’ultima bottega storica: il calzaturificio Luigi Stagno. Luigi la fondò nel 1915 mentre adesso è il pronipote Martino Stagno a portare avanti il nome e l’attività. Le vetrine riprendono gli stessi motivi a nastro degli interni mentre gli arredi sono in stile “barocchetto genovese”. L’atmosfera raccolta, mentre ci si prova le scarpe, porta a lasciarsi andare alle chiacchiere, alle discussioni e alle confessioni. Oltre a generazioni di genovesi che hanno acquistato scarpe da uomo e da donna si sono susseguiti anche politici e industriali molto conosciuti su cui il titolare preferisce mantenere la privacy. “Luigi Stagno” ha fama anche all’estero: è arrivato fino a Tokyo con un articolo su Vogue.

Un compleanno speciale per Gismondi: nel 2013 ha spento ben 250 candeline. Nata come bottega dei “Fraveghi”, termine genovese per indicare l’uomo che lavora oro e argento, con Giuseppe Gismondi nel 1880 anche se l’attività era cominciata ben prima nel 1763 ma non nella sede attuale di Via Galata. Il negozio che è giunto alla sua settima generazione ha rappresentato e rappresenta un punto di riferimento per i genovesi: quelli più anziani sono affezionati a questa bottega rimasta pressoché immutata nel tempo, con il suo nero lucido che domina interni ed esterni, alla sua lavorazione che usa le stesse tecniche degli artigiani medioevali; quelli più giovani sono invece attratti da un’atmosfera stile ‘800 che si è innovata grazie all’ausilio di un perito gemmologo per creare gioielli studiati sulla personalità dei clienti.

Siamo giunti all’ultima di queste quattordici botteghe storiche che ci hanno permesso di rivivere la storia di una Genova tra ‘800 e ‘900, ci hanno fatto vivere la maestria di artigiani che hanno tramandato la loro arte per generazioni diventando per i genovesi e per tutta la città custodi di storia, cultura, bravura e passione. L’ultima tappa ci porta in via Petrarca con la Farmacia Alvigini. Già presente dal 1906 ma solo nel 1944 passò alla famiglia Alvigini grazie a Giulio Cesare Alvigini che decise di acquistarla. A rendere questa farmacia unica tanto da annoverarla tra le botteghe storiche sono gli arredi interni ed esterni: vetrina e suppellettili Liberty in radica di ciliegio, il soppalco perfettamente in linea con le credenze che mescolano il vetro con gli intarsi del legno. Accanto alle piastrelle, con decorazioni floreali tra cui svettano i ciclamini, è esposta una collezione di vasi da farmacia, mortai e bilance che rappresentano manufatti dall’immenso valore  storico ed economico.